La fragilità ai tempi del corona virus
- Mattia Fusillo
- 27 apr 2020
- Tempo di lettura: 2 min

Questa emergenza ci ha fatto comprendere la straordinarietà dell’essere fragili.
In questi momenti siamo tutti dei semplici vasi di porcellana, fragili, ed è proprio da questa fragilità che nascerà la nostra forza. “Se un seme non “spera” nella luce non mette radici, ma sperare è difficile, perché richiede consapevolezza di sé, apertura e tanti fallimenti. Sperare non è il vizio dell’ottimista, ma il vigoroso realismo del fragile seme che accetta il buio del sottosuolo per farsi bosco” (A. D'Avenia). Questa espressione viene citata da Alessandro D'Avenia all'interno di una delle sue prime pagine del suo capolavoro “L’arte di essere fragili (come Leopardi può salvarti la vita)”. Questa singola frase dimostra la nostra fragilità in questo momento di forte tensione. Siamo tutti uguali. Ognuno di noi si apre all'altro e dimostra le proprie difficoltà. Non esistono differenze fra di noi. Siamo tutti membri di un singolo equipaggio che naviga su acque tempestose. In questo momento siamo spogli dei nostri vestiti, ci guardiamo l’un l’altro e ci uniamo, ci confortiamo poiché stiamo assistendo ad un evento che sin dai prossimi anni sarà presente all'interno dei nostri futuri libri di storia. Eppure questo virus, ci ha anche dimostrato chi siamo realmente e ha fatto gemmare la nostra interiorità. Siamo distanti, ma uniti. Non dobbiamo negare di avere paura, al contrario, dobbiamo comprenderla e imparare col tempo a gestirla poiché essa è comunque uno stato emotivo che fa parte del nostro essere. Il nostro è un compito semplice: restare a casa. Facciamolo e col tempo assisteremo a grandi progressi. Ma soprattutto, restiamo uniti.
Tutti noi siamo legati dalla nostra fragilità ed è quest’unione che mostra la differenza tra la potenza del virus e la nostra.
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